mobili autodeskGià i designer erano in difficoltà….

La sedia disegnata dal computer
Autodesk prova una rivoluzione nella rivoluzione della stampa 3D: i design non sono più concepiti dall’uomo ma dalla macchina che li elabora in autonomia. E poi li produce

Il computer presto penserà al posto nostro e nel campo del design la rivoluzione sembra più vicina di quanto si pensi. Questa per lo meno è la visione di Carl Bass e Jeff Kowalski, CEO e vicepresidente di Autodesk, l’azienda che realizza software per la progettazione e la modellazione 3D. A molti quel nome non dirà nulla ma forse basta citare AutoCAD, il software che da anni aiuta architetti e ingegneri nello sviluppo delle loro idee, per far accendere la lampadina.
shadow carouselIl pazzo mondo dei Maker alla fiera di San Francisco

Più economico
Siamo al Pier 9 di San Francisco, in occasione della Maker Faire, un loft affacciato sulla baia e illuminato dai riflessi del mare dove si trova l’officina di Autodesk, un complesso di stampanti tridimensionali, macchine a controllo numerico e altre leccornie che fanno la gioia di chi sperimenta con il design del futuro. Per dimostrare la sua visione delle macchine pensanti, Kowalski tira fuori tre modellini di una sedia. Il primo rappresenta una sedia classica, come la farebbe un artigiano, ovvero partendo da un’idea e lavorando il legno. La seconda invece è realizzata da una stampante 3D. Il metodo di progettazione è lo stesso, la macchina stampa ciò che l’uomo ha pensato, ma la procedura è totalmente differente. La stampante infatti non toglie materiale ma lo aggiunge e versa su una piattaforma della plastica liquida che man mano si solidifica. Parte dal basso e va verso l’alto, realizza quindi le superfici esterne di un oggetto ma nel nostro caso la seduta, le zampe e lo schienale, dentro, sono vuoti. Il terso modellino invece è la rivoluzione. Si fa fatica a definirlo ancora una sedia, sembra quasi un’elica di DNA. Non ha più quattro zampe ma una base elicoidale che poggia a terra e ruotando arriva a una seduta bombata. Non ha superfici continue ma è formata da uno scheletro che ricorda una rete metallica piegata. È più leggera delle precedenti visto che impiega molto meno materiale, ha la massima stabilità ed ergonomia, è più economica e sostenibile. Bene, questa è la soluzione proposta dal computer, è ciò che la macchina concepisce come migliore sedia possibile.

Soluzioni nuove per oggetti comuni
Come spiega Kowalski, oggi i designer hanno un’idea in mente e la realizzano al computer, l’oggetto è già impresso nel loro cervello. Poi, procedendo per tentativi ed errori, arrivano alla soluzione e mandano il progetto in produzione. Con il nuovo approccio invece si spiega al computer qual è la funzione dell’oggetto che si vuole realizzare e poi fa tutto lui. Nel nostro esempio, il progettista non chiede alla macchina una sedia ma di creare qualcosa che permetta all’uomo di stare seduto a un tot di centimetri da terra, che sia stabile, in grado di reggere un certo peso e abbia un sostegno per la schiena. Sta al calcolatore trovare la soluzione e non è detto che questa assomigli a qualcosa che esiste già. Il computer infatti potrebbe stupirci trovando soluzioni alternative a un oggetto comune. Non è detto che una sedia debba sempre assomigliare a una sedia, insomma.

Selezione naturale
A stupire è che la ricerca della soluzione avviene con un approccio molto simile a quello della biologia. Il computer infatti studia diversi modelli possibili dell’oggetto desiderato, li confronta tra loro e sceglie i due migliori. Come nell’accoppiamento degli animali, i prescelti vengono uniti tra loro per miscelarne le qualità e tra tutti i loro figli possibili vengono scelti i due migliori e così via fino a quando la macchina non è soddisfatta della soluzione proposta. Sembra di essere in un allevamento solo che qui si incrociano tra loro le idee e non i cavalli o i cani.

Macchine che pensano in cloud
Questo processo di selezione continuo necessita ovviamente di macchine potentissime, che accoppiano e selezionano miliardi di possibili combinazioni a una velocità impressionante. Una cosa che potrebbe fare solo un supercomputer da laboratorio da centinaia di migliaia di euro oppure migliaia di computer connessi tra loro. E qui entra in campo la seconda soluzione di Autodesk: il “modeling as a service” ovvero la modellazione via Internet. L’idea è di noleggiare potenza da altri computer affidandosi al cloud, alla nuvola, senza comprare nuove macchine ma affittandole a distanza dai centri di calcolo. Come nel cloud paghiamo per avere dello spazio di archiviazione accessibile tramite Internet, con il modeling as a service si compra tutta questa potenza in più solo quando serve. Pagando una quota mensile o una cifra una tantum, si hanno a disposizione centinaia di macchine che eseguono tutti i calcoli mentre al nostro computer non resta che inviare l’input, dare l’avvio al processo, al lavoro sporco penseranno loro. A livello casalingo significa che chiunque può ingegnerizzare idee molto complesse pagando pochi euro. Le aziende invece non devono più immobilizzare capitali in oggetti esposti a rapida obsolescenza come i computer. Va detto che il calcolo distribuito esiste già sul mercato, ma Autodesk vuole proporlo in una soluzione integrata che unisce una piattaforma di progettazione che pensa l’oggetto desiderato e tutte le macchine necessaria per ingegnerizzarlo. Applicato al design potrebbe avere una portata epocale e non è detto che sia positiva. “Alcuni designer pensano che gli stiamo togliendo il lavoro”, afferma Kowalski. “Altri invece dicono che li stiamo aiutando perché loro possono pensare agli aspetti di design puro mentre il computer ingegnerizza la soluzione”. È presto per sapere quando tutto ciò avverrà ma non siamo lontani, ma una cosa è certa: le macchine pensano e dovremo farcene una ragione.

di Alessio Lana da corriere.it

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