Non vorremmo dire ma sembra la fiera della banalità

Machines di shapewaysCon la stampa 3D la personalizzazione è di massa
Un mercato tra i 230 e i 550 miliardi di dollari entro il 2025 con possibilità in tutti i settori: dall’oggettistica all’abbigliamento, al food. Ma chi saranno i veri produttori?

Cos’hanno in comune le creazioni sartoriali con la produzione omologata e di massa? Facile: la stampa 3D. Se abbiamo passato l’era del su misura e quella della fabbricazione in serie, oggi la rivoluzione dei consumi (e dei consumatori) potrebbe arrivare proprio dalla nuova tecnica di stampa basata sulla riproduzione di modelli digitali attraverso la sovrapposizione di diversi strati di materiali.

Secondo gli analisti di McKinsey il mercato della stampa tridimensionale si aggirerà tra i 230 e i 550 miliardi di dollari entro il 2025. Di questi oltre la metà saranno prodotti di largo consumo, soprattutto giocattoli. Stampare in 3D costa sempre meno (per un macchinario oggi bastano anche poche centinaia di dollari), e allo stesso tempo aumentano le tipologie e la qualità dei materiali che possono essere utilizzati con questa tecnica: il monopolio della plastica è ormai roba preistorica per tutti i maker che lavorano resine, gomme, ceramica, cera, metalli e persino filati.

Produrre con la stampa in 3D è più facile, al livello di conoscenze e di apparecchiature necessarie: oggi il trend è quello di usare la tecnologia per scannerizzare prodotti già fatti, applicare piccole modifiche in base alle proprie esigenze e “ristampare”.

Una rivoluzione che hanno abbracciato per primi i produttori di giocattoli (la Lego starebbe pensando a produrre i suoi iconici mattoncini con la tecnica della stampa 3D). Ma le stampanti sono già al lavoro su utensili domestici, capi d’abbigliamento e gioielli, persino cibo: un “antipasto” lo hanno dato i ragazzi di Subalterno 1 con la mostra Mondopasta, che da Parigi a Roma ha messo in scena stampanti che, partendo da modelli digitali, realizzano ravioli oppure spaghetti lunghi fino a 6 metri. Fino ad arrivare alla Coca Cola, che di recente ha collaborato con will.i.am per sviluppare la stampante EKOCYCLE Cube 3D: un dispositivo che consente ai consumatori di creare piccoli oggetti da bottiglie riciclate.

Ma non è tutto oro quello che si stampa. Sul fronte della sicurezza le stampanti 3D scoperchiano un vaso di Pandora per quanto riguarda la tracciabilità e la controllabilità degli oggetti realizzati (il caso più citato è quello delle armi fabbricate in 3D). L’allargamento della platea dei “produttori” attraverso la tecnologia pone un’altra questione importante per i brand: come controllare il proprio marchio se ogni prodotto diventa personalizzabile da ciascun consumatore?

Per ora la possibilità di trovare online e open source i progetti digitali di mobili per la casa o capi d’abbigliamento sembra un futuro molto avveniristico. La stampa 3D è utilizzata soprattutto nella fase di test e creazione dei prototipi, prima di finanziare la realizzazione del prodotto finale. Vero è che i tempi che passano tra la progettazione e la realizzazione dei prodotti si stanno sempre più accorciando, e i consumatori stanno aumentando il loro ruolo in questo processo (si pensi solo al loro coinvolgimento nelle iniziative in crowdfunding). Che si possa già cominciare a parlare di personalizzazione di massa?

Federica Ionta da wired.it

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