strati auto stampa 3dLa Stampa 3D può rivoluzionare il mercato dell’automobile: ecco come

Strati, l’auto stampata in 3D di Local Motors – Credits: Local Motors
Stampa 3D e industria automobilistica sono ormai da tempo promessi sposi, ma al di là dell’utilizzo di questa tecnologia per la produzione di alcuni componenti (soprattutto in fase di prototipazione) o per la creazione di progetti dimostrativi difficilmente “stampabili in serie” a prezzi che il mercato accetterebbe, questo matrimonio d’interesse non sembra ancora vicino.

Eppure la tecnologia della manifattura additiva ha tutte le potenzialità per risollevare le sorti di un’industria che dell’innovazione ha fatto da sempre la propria bandiera, ma che da anni in molte parti del mondo soffre di un’enorme pressione competitiva che spinge in basso i fatturati. Ma qualcosa in questo senso si sta assolutamente muovendo.

Facendo l’esempio italiano, marchi come Ferrari e Lamborghini sono all’avanguardia anche in questo campo, sfruttando al massimo varie collaborazioni con quelle aziende del settore della stampa 3D che più di altre hanno saputo cogliere le sfide e comprendere le opportunità offerte dall’industria automotive (ad esempio Stratasys).

I due storici brand italiani conosciuti in tutto il mondo fanno largo uso di tecnologie all’avanguardia nel campo della manifattura additiva, come ad esempio la stampa di parti in metallo. Non è un caso che a tracciare la strada siano due aziende come Ferrari e Lamborghini (insieme anche ad altri come Agusta e Ducati): produzione di grandi volumi e contenimento dei costi sono due limiti che chi produce auto di lusso non ha, o quantomeno non sono pressanti obblighi ai quali ottemperare.

Questo è anche il motivo per il quale la stampa 3D sta facendo capolino anche nel mondo delle corse: già nel 2012 il team Australian V8 Supercar di Nissan Motorsports si rese conto a stagione in corso di dover apportare delle significative modifiche sia al sistema di raffreddamento per il pilota che all’aerodinamica della parte posteriore della vettura. La risposta in quel caso fu quasi obbligata: stampa 3D.

Grazie alla collaborazione con Evok3D, gli ingegneri del team riuscirono a passare dalla progettazione all’avere fisicamente in mano i nuovi componenti nel giro di poche settimane, in tempo per poterli sfruttare nelle successive gare della stagione.

Ma oltre a vetture di lusso ed auto sportive, la stampa 3D ha tutte le potenzialità per imporsi anche nel settore della produzione in grandi volumi, grazie a tecnologie come la fusione laser selettiva (Selective Laser Melting, o SLM). Si tratta di una metodologia che, pur con alcune differenze, sta già avendo ampio utilizzo nel settore aerospaziale (l’italiana Avio è tra i pionieri).

Anche se stiamo parlando di tecnologia ad altissima precisione, il procedimento che permette di ottenere dei componenti tramite SLM è molto simile a quello che possiamo vedere in una comune stampante 3D. Il punto di partenza è sempre un file tridimensionale che viene “scomposto” in una serie di porzioni in sezione trasversale (strati, o “layer”).

A questo punto entra in gioco il laser, che fa ciò che normalmente è compito dell’estrusore in una “normale” stampante 3D. Ma mentre in quest’ultimo caso vengono utilizzate leghe plastiche di diverso tipo, il laser provvede a creare ogni strato fondendo una polvere di metallo (ad esempio particolari leghe come il cobalto-cromo, CoCr, o l’alluminuro di titanio, TiAl) fino ad ottenere la forma desiderata.

Questo tipo di approccio permette diversi vantaggi. In primo luogo, e questo è uno degli elementi cardine della stampa 3D, la possibilità di non avere limitazioni dal punto di vista delle forme e delle strutture che sono invece tipiche dei tradizionali metodi di produzione. Senza contare il fatto che in questo modo non c’è la necessità di assemblare e saldare diverse parti: il componente desiderato viene infatti prodotto in un’unica soluzione.

Altro indubbio vantaggio è la possibilità di ottenere leghe efficienti per lo scopo desiderato, “sperimentando” la combinazione di materiali con proprietà differenti come titanio, alluminio, nickel, acciaio. I metodi tradizionali difficilmente permettono una tale flessibilità nello sviluppo, e se lo fanno questo accade con costi che rendono l’intero procedimento anti-economico.

E proprio l’aspetto dei costi è quello che dovrebbe maggiormente ingolosire i produttori di automobili: la stampa 3D tramite fusione di metalli permette di realizzare componenti con un dispendio di energia e materiali enormemente inferiore rispetto ai comuni metodi di produzione. Tornando all’esempio di Avio, per ottenere un componente di un chilo con la fusione erano necessari 4 kg di materiale, mentre con la manifattura additiva sono sufficienti 1,5 kg.

Se a questo aggiungiamo la possibilità di accorciare notevolmente il tempo necessario per passare dalla progettazione alla realizzazione del prodotto finito (come nel caso del team Nissan Motorsports) è evidente come la stampa 3D possa essere la “terra promessa” dell’industria automotive, e non solo. Una sfida che potrebbe premiare in modo significativo chi vorrà raccoglierla.

 it.ibtimes.com  Alessandro Martorana

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