3d Hubs fa il punto della situazione delle opzioni mediche nello sviluppo in corso portato dalla stampa 3d.

Comunicato Stampa

Exposanità 2016 – Con 3DPrint Hub la sanità incontra la stampa 3D, la fabbricazione digitale e la creatività dei maker e dell’open source

 

3DPrint Hub  exposanita 02Bologna, 13 maggio 2016 – Secondo i dati dell’International Data Corporation (IDC), in Europa Occidentale, il mercato della stampa 3D è destinato a crescere: nel 2019 la spesa toccherà i 7,2 miliardi e a trainare la crescita saranno le applicazioni in campo medicale, che nel 2019 rappresenteranno il 33% circa della spesa in stampa 3D, scalzando il manufacturing di prodotto. Il futuro della medicina e della salute è quindi sempre più 3D. Per dare voce all’eccellenza italiana dell’additive manufacturing applicato al comparto sanitario, Exposanità – l’unica manifestazione in Italia dedicata al servizio della sanità e dell’assistenza (Bologna Fiere, 18-21 maggio 2016) – organizzerà nel proprio ambito 3DPrint Hub uno spazio ad hoc in cui mettere in relazione la tecnologia della stampa 3D col mondo medicale, offrendo ai professionisti la possibilità di incontrare produttori di stampanti, materiali, scanner e software 3D, oltre che aggiornarsi e formarsi sull’utilizzo di queste nuove tecnologie.

 

Ad aprire la manifestazione sarà IDBN – Italian Digital Biomanufacturing Network, che farà il punto della situazione sul 3DPrinting e sul bioprinting. A coordinare i lavori, insieme a Nicola Bizzotto, medico chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Sacro Cuore Negrar di Verona, ci sarà l’ingegner Alberto Leardini, responsabile tecnico-scientifico del Laboratorio di Analisi del Movimento e valutazione funzionale-clinica protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, la struttura di ricovero e cura a carattere scientifico di Bologna che detiene la primogenitura mondiale di trapianti di vertebre stampate in 3D, su pazienti affetti da tumori ossei. Quattro ad oggi gli interventi effettuati, tutti con successo. A questi si aggiungono i sei interventi in cui segmenti di bacino disegnati partendo dalle immagini radiografiche di ogni singolo paziente sono stati progettati, stampati in 3D ed impiantati in altrettanti ragazzi affetti da osteosarcoma. “Grazie alla stampa 3D, la nostra equipe chirurgica è stata in grado di concludere l’operazione, che normalmente richiedeva dalle 6 alle 8 ore, in solo 4 ore – racconta Alberto Leardini – L’impianto stampato è identico nella forma alla sezione ossea da rimuovere e sostituire e non necessita perciò di ulteriori modifiche. In più, il fatto che sia realizzato in titanio, previene il rischio di infezioni, velocizzando il decorso post operatorio. In sostanza, con la stampa 3D non è più il paziente che si deve adattare alla protesi e ai tempi della chirurgia, ma viceversa: il che implica certamente una miglior trattamento e speriamo una migliore qualità della vita dei pazienti, nonché alla fine costi assistenziali inferiori”.

 

A Exposanità, l’eccellenza dell’Istituto Rizzoli diventa esempio per tutti i professionisti e occasione per parlare soprattutto delle nuove frontiere della ricerca sul bioprinting, che già mostrano grandi potenzialità, e di quello che si potrà fare con il 3D. Protesi fatte con biomateriali, ovvero con un combinato di materiale artificiale e biologico in grado di sostituire ossa e cartilagini, non sono un futuribile al Rizzoli. Grazie alla piattaforma di bioprinting al Rizzoli, acquisita con contributo del Ministero della Salute e Regione Emilia-Romagna si potranno addirittura stampare strutture da impianto realizzate con materiali che includono cellule umane. “Anche se siamo ancora in fase di sperimentazione, i risultati ottenuti ci fanno dire che in un futuro prossimo si potranno applicare sull’uomo protesi in materiali sempre più simili a quelli che si ritrovano nel corpo umano e che permetteranno un’integrazione migliore nel paziente – prosegue Leardini – Il 3D modella la protesi o l’impianto sulle esigenze e peculiarità del paziente: stiamo implementando al calcolatore una procedura che ci permetterà di ottenere una protesi metallica personalizzata, per interventi di sostituzione alla caviglia, mentre ad oggi sul mercato ci sono solo dispositivi in 3 o 5 taglie. Un grande vantaggio per chirurghi e, soprattutto, pazienti, soprattutto per migliorare funzione e sopravvivenza degli impianti”.

 

La stampa 3D rappresenta un alleato prezioso per i chirurghi anche in fase pre-operatoria e post-operatoria: di questo se ne parlerà con il professor Villiam Dallolio, neurochirurgo che studia, da oltre 15 anni, la modellazione di parti anatomiche da operare. Grazie alla ricostruzione tridimensionale di distretti anatomici si realizzano biomodelli che replicano fedelmente la patologia del paziente e che fungono come base di studio preventivo dell’intervento. Si possono capire in anticipo difficoltà, condizioni anatomiche, differenti profondità e lunghezze degli strumenti chirurgici e della eventuale strumentazione: con l’indiscusso vantaggio di aver maggior chiarezza, maggior sicurezza e velocità di esecuzione. Inoltre, in fase post, permette di verificare la corretta esecuzione dell’intervento e, in casi particolari, i difetti e le possibili correzioni. “Il vantaggio dei biomodelli è quello di andare oltre la radiologia, integrando la realtà virtuale del 3D radiologico con la realtà reale di un oggetto tridimensionale su cui si può effettuare in laboratorio o sala operatorio un intervento, recidendolo, inserendovi viti, e avendo così un feedback tattile: è un 3D che si tocca con mano. L’uso dei biomodelli permette una maggior comprensione e sicurezza da parte del chirurgo con conseguente riduzione degli errori  chirurgici – commenta il professor Villiam Dallolio –. Su queste basi, nel 1999, è nata Promev, con l’obbiettivo di ridurre gli errori nella chirurgia ricostruttiva cranica. Nel 2001 abbiamo introdotto le protesi craniche custumizzate e stampate in 3D, a cui sono seguiti diversi progetti e ben 10 brevetti. Sul fronte dei biomodelli, di recente abbiamo avviato una collaborazione con Wasp per la realizzazione con nuovi materiali”.

 

Una collaborazione tutt’altro che scontata, quella tra il mondo medico e quello dei maker. “Troppo spesso questi due mondi non si parlano. Il settore medicale, impermeabile a contaminazioni, resta chiuso sulle nuove tecnologie e non coglie le nuove opportunità applicative – spiega Enrico Bassi, fondatore del primo FabLab italiano – L’innovazione spesso scaturisce dal pensiero laterale, nel cercare affinità con settori e ambiti applicativi altri rispetto a quello in cui si opera. Il maker è un insetto impollinatore, un contaminatore di conoscenze e competenze al servizio della ricerca e del progresso medico”. A Exposanità, Bassi racconterà del progetto di co-progettazione, sviluppato con TOG, onlus milanese che gestisce un centro di eccellenza per la riabilitazione di bambini colpiti da patologie neurologiche complesse, per dare, tramite l’approccio e le tecnologie del fablab, una risposta unica a bisogni e necessità dei piccoli pazienti. “Nel centro già erano presenti stampanti 3D, usate per stampare le ‘doccette’, ovvero quei supporti che aiutano a mantenere una posizione corretta. TOG ci ha chiesto di trovare un nuovo utilizzo delle stampanti, sfruttandone le potenzialità. Per prima cosa abbiamo creato un software, basato su motori di scansione 3D opensource, che permettesse i terapisti di creare la ‘doccetta’ più adatta per ogni singolo bambino e abbiamo insegnato loro ad usarlo. Poi ci siamo dedicati a progetti per aiutare i piccoli pazienti nella vita di tutti i giorni, coinvolgendo anche università e studenti” spiega Enrico Bassi. Sono nati così supporti personalizzabili che aiutano a impugnare una penna o un pennarello indipendentemente dalla capacità motoria o posizione della mano, prodotti per la terapia posturale dall’aspetto giocoso ma altamente funzionali, ma anche giochi, come un triciclo su misura, disegnato per far fare al bambino il movimento corretto.

 

La magia dell’incontro tra chi è in cerca di risposte e chi è in grado di darle sarà al centro di due convegni. In “Tante voci, un unico obiettivo”, Fabia Timaco racconterà l’incontro con Open BioMedical Initiative e l’avventura che ha portato alla realizzazione di FABLE, la protesi mioelettrica, stampabile in 3D e secondo i principi dell’open source, che le ridarà la possibilità di avere una mano con cui scrivere storie per bambini;  in “+Ability, il progetto del laboratorio +Lab del Politecnico di Milano” si racconteranno i nuovi orizzonti a cui si è aperto il laboratorio coordinato dalla professoressa Marinella Levi. “Dal lavoro con i chirurghi per utilizzare al meglio i materiali a quello con i diabetici per progettare microinfusori più belli e più funzionali,  sino alle lezione per non vedenti per insegnar loro a usare le stampanti. Sono queste alcune delle sfide che affrontiamo ogni giorno e che ci aiutano a dare nuovo senso alla stampa 3D. E non solo” spiega Levi.

 

Nell’immediato futuro sono perciò molte le sfide che il 3Dprinting e l’additive manufacturing sono chiamati ad affrontare in ambito medicale, non da ultima quelle che riguardano la giurisprudenza. L’impiego della tecnologia di stampa 3D in ambito medicale non introduce solo una avanzata innovazione scientifica ma comporta anche un cambio di paradigma a livello giuridico che rende necessario affrontare interrogativi riguardanti la regolamentazione dei dispositivi medici e del bioprinting, in particolar modo con riferimento alle responsabilità, alla possibilità di brevettazione e alle questioni etiche. Aspetti di cui si discuterà a Exposanità grazie all’esperienza dell’avvocato Marco Giacomello: “Un simile cambiamento tecnologico rende necessaria la creazione di nuove licenze e la regolazione dell’utilizzo dei file.stl attraverso appositi disclaimer e contratti. Tecnologia e diritto devono lavorare insieme per tutelare tutti i soggetti coinvolti in questo rivoluzionario processo produttivo”.

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